Ecco un post sui limiti che ci
imponiamo nella nostra vita…
Si dice una
grande cosa sull'essere umano: che è l’unico capace di superare i propri
limiti. Così è avvenuto sin dall'inizio della nostra storia, quando il primo
uomo, per mero spirito di sopravvivenza, imparò a conservare il fuoco, forse sprigionato dalla
caduta di un fulmine o forse da un’eruzione vulcanica. Imparò a costruire
utensili, pietre sempre più affilate in grado di trasformarlo in cacciatore. Col
progredire della tecnologia incominciò a uscire dai rifugi naturali per costruirsi dimore in legno o pietra. Allo stesso modo, dal disegno sui muri delle
grotte inventò la scrittura, l’arma più potente a sua disposizione. Da
quel giorno scomparve il rischio che il sapere potesse andare perso, anzi ebbe
inizio un incremento esponenziale della conoscenza.
Purtroppo per
i sentimenti non si è avuta la stessa incredibile evoluzione. Già 30mila anni
fa l’uomo pensava che la morte non fosse la fine dell’esistenza e imparò a
seppellire i propri cari, molti dei quali sono stati rinvenuti girati su un fianco, quasi fossero pronti a ridestarsi e alzarsi nuovamente, altri rannicchiati come bambini
nel ventre materno. Era chiaro che per sopravvivere ogni essere
umano era imprescindibilmente legato all'altro, aveva un necessario bisogno
del compagno. In fondo che cos'è l’amore se non mettere il bene dell’altro al primo posto, capendo che solo prendendosi cura di chi ci stava affianco era possibile
cacciare senza paura di essere sopraffatti, unire le forze per costruire rifugi
più sicura, specializzarsi nei diversi lavori per far progredire l’intera
collettività.
All'uomo preistorico questo concetto era molto chiaro: una disattenzione poteva portare addirittura alla morte. Ai giorni nostri, purtroppo, si è persa questa
incombente necessità di legarsi, anzi l’idea di molti è quella che per
essere veramente felici dobbiamo innanzitutto amare noi stessi, stare bene con
noi stessi, comprendere i nostri limiti e superare le nostre paure, e solo
allora possiamo relazionarci col mondo. Può sembrare una domanda
banale ma se l’amore, per essere vero, ha bisogno dell’altro, se l’amore è
l’unico sentimento che si esterna completamente verso l’altro, cosa significa allora
amare per primi se stessi? L’amore si dona, ma un regalo fatto a se stessi
ha lo stesso valore di un altro ricevuto spontaneamente?
Passando
dalla storia antica a quella contemporanea, nella moderna biologia si tende a
individuare la nascita della prima forma di vita circa 2,7 miliardi di anni fa,
quando semplici atomi “non viventi” si unirono in molecole più complesse, dando
origine a reazioni fino ad allora sconosciute: la vita. Dalla metà degli anni
Sessanta, inoltre, nella fisica si è cercato di definire
e sperimentare quella che oggi viene chiamata la “particella di Dio” - il nome
scientifico è “bosone di Higgs” -, cioè quella particella portatrice di una
determinata forza capace di conferire massa alle altre particelle elementari
presenti nell'universo Questa particella, oggi confermata solo da studi incompleti, offre un fondamento di consistenza alla teoria dell’universo
attualmente in voga.
Ascoltando
un’intervista fatta a Margherita Hack, la famosa astrofisica morta circa un mese
fa, la scienziata ha sempre negato la figura di un dio che possa aver agito o
agisca tutt'oggi nell'universo Per lei: dio è “un’invenzione dell’uomo per
spiegare tutto quello che la scienza non sa ancora spiegare e che forse non
riuscirà mai a spiegare”. Per me, invece, se esiste un dio, è quella scelta
iniziale di dare un’energia esterna a quella zuppa di particelle elementari ad
altissima temperatura e densità che si trovava all'origine dell’universo; è
quel bisbiglio che ha sussurrato ai primi due atomi di unirsi in molecola, facendo
nascere la vita sulla Terra; è quel progetto che ha guidato la natura fino alla
comparsa dell'uomo, conferendogli la consapevolezza della sua esistenza.
La scienza,
in fin dei conti, non è in grado di dare una spiegazione alla sfera affettiva: il bene e il male, l’amore e l’odio sono prerogative unicamente
umane, che non trovano un riscontro nella natura né possono essere indagate e
verificate con l’attendibilità di determinati esperimenti. Se, però, la scienza è mossa da una logica razionale, la stessa giustificazione può sfuggire quando
parliamo dei sentimenti. Oggi, l’individualismo moderno ha porta a
considerare queste emozioni come conquiste personali, come esigenze del proprio
io, perdendo così di vista la loro “costruttività” e la loro valenza
sociale. L’amore, di conseguenza, non può essere più il motore di questa “costruttività”. Viene meno il legame verso l'altro, che non era soltanto un
vincolo di mera sopravvivenza, ma forse quel residuo originario dell’universo, delle sue
leggi che univano e favorivano la vita.
L’amore, se
da una parte si configura come un assoluto, non può sussistere da solo, ed è questo, secondo me, il peccato originale, quel paradigma che fonda il mistero
dell'esistenza. L’amore ha bisogno di rivalutare l'altro per sussistere, di rispettarlo e di
dargli fiducia nonostante tutto. L’amore è quel progetto di vita insieme, quella “costruttività” che ci rende noi stessi prima ancora di
aver scelto la mèta del nostro cammino. L’amore è una scelta, è la scelta più
libera che l’uomo possa compiere. Seguire questa scelta significa essere in
grado di amare veramente le persone che sono al nostro fianco, andando oltre gli
interessi personali. Forse l’universo è nato proprio per amore, perché quel dio che guardava il creato un giorno ebbe paura del peso insostenibile di un'eterna solitudine!
Il nostro io
sarà sempre imperfetto. Voler amare se stessi, senza la presenza dell’altro, è come
rinchiudersi in un labirinto di desideri e sentimenti irrisolti, affannandosi a
trovare una via d’uscita. Alla fine, dopo aver girato molto, potremo solo credere
che quella è la nostra realtà. E la vita si rattristerà, avendo paura
che gli altri possano diventare i prevaricatori delle nostre esigenze. Si può amare se stessi soltanto attraverso gli occhi di chi ci
ama, questo ho imparato: l’amore è quella scelta di libertà dal proprio io, che liberamente sceglie ogni
giorno di riconfermare quella scelta, senza pretesa alcuna.