domenica 13 gennaio 2013

OMBRE

Ecco il primo post dell’anno. Una riflessione che nasce sul pensiero di quanto si è appena concluso e di quanto facciamo poco per cambiare le nostre vite…

Avete mai passeggiato nel chiostro di una vecchia abbazia all’alba, fra le colonne di un porticato e il pavimenti in cotto, quando il sole si staglia basso all’orizzonte? Nel silenzio di quest’edificio, dalle mura alte e chiare e dalla lunga storia, si vengono a creare giochi di luci e ombre davvero sorprendenti, che portano l’uomo a dirigere lo sguardo verso il cielo e a riflettere sulla creazione e sull’infinito. Oppure avete mai visitato l’antico antro della Sibilla a Cuma, vicino Napoli. La leggenda narra che la vergine, dotata di virtù profetiche, percorreva questo corridoio costruito nel tufo, situato sotto il tempio di Apollo, per raggiungere la sala dedicata al dio, dove era posta una cisterna. Non appena la Sibilla immergeva le mani, ecco la voce del nume narrarle di avvenimenti futuri, riguardanti il destino mondo, storie che poi sarebbero state annotate su alcuni libri, divenuti celebri nel tempo. L’antro, orientato verso sud, presenta delle aperture sul lato che affaccia sul mare, le quali, illuminate dal sole, creano un’alternanza di luci ed ombre così forte da impressionare il visitatore.

Quasi certamente vi sarà capitato di passeggiare in riva al mare in un pomeriggio di fine estate quando l’acqua scintilla colpita dai raggi del sole. Ecco balenare la percezione del tempo che cambia, di una stagione della nostra vita che ben presto volgerà al termine e lascerà soltanto un gradevole ricordo. Da bambino, seduto sulla sabbia, mi piaceva osservare le ombre delle persone che passavano. Ombre che variavano di lunghezza e intensità a seconda della posizione assunta dal sole nel cielo. Al tramonto erano lunghissime… Allora cominciavo a fantasticare e immaginavo spiagge abitate da giganti altissimi e magrissimi, che si muovevano lenti, come quei Ciclopi disegnati sui vasi antichi. La mia mente volava verso luoghi sconfinati, su navi che solcavano oceani in cerca di fortuna, finché non si faceva ora di tornare a casa.


In geometria, per dare corposità e profondità a una rappresentazione grafica, si ricorre alla “teoria delle ombre”. Questa permette, conoscendo la collocazione della sorgente luminosa, la sostanza di cui è fatto il solido, la superficie sulla quale si forma l’ombra e la tonalità di quest’ultima, di riprodurre abbastanza fedelmente le zone scure che si creano intorno agli oggetti disegnati. Ad esempio, vogliamo raffigurare un campanile di una chiesa o di una grande piazza con in cima un orologio, ecco che dopo aver tratteggiato lo schizzo dobbiamo scegliere dove posizionare la fonte di luce e calcolare le zone d’ombra che si verranno a creare. Il disegno acquista, così, una nuova sensazione di spazialità e il tutto sembra più vicino al reale. Purtroppo, ci sono ombre che non possono essere descritte con tanta facilità: ombre che appartengono al nostro passato e che, silenziose, ci riportano in luoghi e situazioni legati a ricordi tristi o malinconici.

Ognuno ha le proprio ombre nascoste nel profondo dell'anima. Ombre terrificanti che ci imprigionano, ombre lontane che a stento ci parlano, ma la loro voce è come un sibilo continuo portato dal vento. Le caratteristiche di queste ombre possono variare per dimensioni, intensità e lunghezza, come quelle descritte in geometria. Se l’avvenimento è vicino nel tempo, l’ombra è di un nero intenso ma di piccole dimensioni; se, al contrario, l’evento è lontano, l’ombra è lunga e chiara. Cambia anche l’effetto che queste hanno su ciascuno di noi. Tuttavia, se ci voltiamo e seguiamo la scia, possiamo leggere in trasparenza la nostra vita, di come è stata modificata negli anni a volte in modo quasi impercettibile.

Le ombre non sono solo negative, hanno anche il merito di dare maggior risalto ai momenti di luce, e creano quella dualità capace di dare corposità e profondità alla nostra esistenza. Del resto, è sempre un sole a creare le ombre; è sempre un amore a renderci fragili proprio nel momento in cui tendiamo la mano verso il cielo. Ma come possiamo calcolare l’altezza del nostro volo se non guardiamo la terra sotto di noi? Ecco che la nostra ombra diventa più piccola man mano che saliamo. Succede a tutti, però, di provare una sensazione di vertigine quando ci si sporge da un’altura, ci sentiamo attratti nel vuoto e allora ci irrigidiamo. A questo punto dobbiamo scegliere: o levare un piede per compiere il passo verso l’ignoto, oppure voltarci e tornare indietro. La sensazione più brutta è quando queste ombre ci legano a noi stessi e ci imprigionano in ansie e fobie. Senza un atto di coraggio non potremo mai liberarci e trasformare le ombre in segnali scuri, segnali di direzione verso il nostro est, lì dove sorge il sole, lì dove la nostra vita ha più valore.